Le presidenziali francesi saranno decise dal confronto tra Macron e Le Pen, in un contesto dove la dimensione europea dev’essere valutata con attenzione e in modo risoluto, sulla base di tre considerazioni complementari tra loro.

1. È un voto decisivo che avrà importanti conseguenze per l’Europa

Dal punto di vista non solo europeo, è significativo che abbia vinto al primo turno un candidato favorevole alla costruzione europea, alla sua riforma e al suo approfondimento. Se i problemi europei hanno occupato un posto più importante del solito in campagna elettorale, le indicazioni uscite dalle urne rivelano che gli elettori hanno votato innanzitutto in base a considerazioni di politica interna (rinnovo delle pratiche della politica, istruzione e formazione contro la disoccupazione, fiscalità, tutela sociale ...). Alcuni elettori hanno scelto il candidato in base a queste istanze, nonostante le riserve circa le sue posizioni sull’Europa, a conferma che quest’ultima non era al centro delle loro preoccupazioni.

Questo voto focalizzato sulle questioni interne è piuttosto logico dal momento che l’Ue ha competenze sussidiarie e non è la principale responsabile delle difficoltà della Francia, come non lo è dei problemi o dei successi degli altri 27 Stati membri. Ricordarlo è utile ed è anche una buona notizia per i francesi che, in vista del secondo turno, hanno in mano il proprio destino, essendo chiamati a scegliere tra due opzioni molto diverse in termini di politiche nazionali. Questa seconda fase non è solo un’elezione decisiva per il riscatto della Francia, il verdetto avrà profonde conseguenze sulla politica francese nei confronti dell’Europa e quindi sul suo destino futuro.

2. I francesi non sono eurofobi e possono interrompere la sequenza «Brexit-Trump»

Il primo posto di Emmanuel Macron contraddice in modo efficace le profezie che sull’onda della vittoria di Trump e del successo della Brexit vedevano come inarrestabile il ripiegamento sul voto nazionalista, dimenticando le specifiche di questi due voti espressi dal mondo anglosassone. Dopo la sconfitta dell’estrema destra in Austria e nei Paesi Bassi, essa rappresenta una gradita battuta d’arresto, che ci auguriamo possa essere confermata nel secondo turno rifiutando l’eurofobia incarnata dal Front National.

Perché «eurofobia» non significa solo criticare ferocemente l’Unione europea, le sue decisioni o fallimenti o esprimere un «euroscetticismo» che dovrebbe essere meglio ascoltato e recepito da parte delle autorità nazionali ed europee. Essere «eurofobi» significa odiare a tal punto l’Ue, Schengen o l’euro da desiderare di uscirne, al prezzo di un salto nel buio di cui l’opinione pubblica può valutare meglio l’estensione dopo il voto sulla «Brexit» che non riguardava l’appartenenza a un’unione monetaria, più che dopo il voto per Trump.

Uscire dall’euro significherebbe privarsi di una solida protezione contro la speculazione finanziaria internazionale e giocarsi i risparmi dei francesi alla roulette russa. Ovvero esporsi ancora una volta alle distruttive svalutazioni competitive del passato: il nazionalismo monetario è la guerra delle valute! I francesi eurofobi hanno così ben compreso il sostegno popolare di cui gode l’appartenenza all’euro da sforzarsi di sminuire o mascherare il loro desiderio di rompere: meglio non correre il rischio di farli giocare all’apprendista stregone con la nostra e le nostre economie.

3. Più Europa nel mondo

Una vittoria da Emmanuel Macron, che noi auspichiamo, riaffermerebbe la centralità e l’influenza della Francia in Europa e le permetterebbe di difendere con maggior forza i suoi interessi e valori all’interno dell’Ue, che ha bisogno di Stati membri forti per essere forte.

Inoltre rafforzerebbe la capacità degli europei di uscire dalle crisi con azioni condivise (Trattato costituzionale, zona euro, rifugiati...) rivolgendo maggiormente l’attenzione al mondo, di cui non siamo più al centro e che è pieno di opportunità ma anche di minacce. L’unione fa più che mai la forza di fronte a sfide tanto numerose e diverse, come il caos in Siria e in Libia, l’aggressività russa, il terrorismo islamico, il cambiamento climatico, la deregolamentazione finanziaria internazionale, i flussi migratori incontrollati, l’ascesa della Cina, l’imprevedibilità di Donald Trump o la gestione del divorzio Ue-Uk. S’inserisce anche in questo contesto internazionale instabile la scelta a cui sono chiamati i francesi il 7 maggio, prima che i cechi e i tedeschi vadano a loro volta alle urne nel corso dell’anno. Ci auguriamo che la maggioranza dei francesi non voti per un candidato che guarda verso l’uscita piuttosto che ai suoi vicini, e sostenga il candidato che chiede di continuare e approfondire il dialogo rigoroso su cui si è sempre sostenuta la costruzione europea, così da adattarla pienamente al ventunesimo secolo.

Francesi ed europei siamo, e saremo, più forti insieme.