mercoledì 28 giugno 2017
Dal dibattito a cui hanno partecipato Enrico Letta, Giulio Tremonti e Marco Impagliazzo sui flussi migratori nel Mediterraneo è stato rilanciato il modello dei corridoi umanitari
Festa di Avvenire, migranti: «Deroghe ai trattati. Serve solidarietà europea»
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È giusto alleggerire la pressione sui porti italiani, ma non deve esser fatto sulla pelle dei più deboli. Il dibattito svoltosi ieri sera a Matera alla festa di Avvenire sui corridoi umanitari ha inevitabilmente toccato la richiesta italiana all’Ue di bloccare gli arrivi dei migranti tratti in salvo nel Canale di Sicilia negli scali italiani. Ne hanno discusso nella splendida cornice della festa del quotidiano in piazza Duomo due uomini che hanno avuto responsabilità di governo in tempi recenti su fronti opposti: l’ex premier Enrico Letta e Giulio Tremonti, già ministro dell’Economia con Silvio Berlusconi, e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. L’incontro è stato concluso dal vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

Per Letta, primo ministro nei giorni della tragedia di Lampedusa e che – scosso dalla tragedia – ebbe l’intuizione di far partire l’operazione "Mare nostrum" la richiesta italiana va in una direzione comprensibile, data l’emergenza dei giorni scorsi. «Ma non devono farne le spese i più deboli». Tradotto, l’impegno italiano per salvare vite umane in mare non deve mai venire meno.
«Anche perché – ha proseguito Letta – il problema vero rimane quello delle regole di Dublino che obbliga i profughi a presentare domanda di asilo allo Stato che per primo li accoglie. Se non scatta la solidarietà europea in questo senso, il quadro non cambierà. Il numero degli sbarchi e dei morti nel Mediterraneo centrale è cresciuto a causa della chiusura della rotta balcanica, il problema dell’accoglienza non deve restare sulle spalle dei Paesi di confine».

Per l’ex premier, dunque, l’impegno dei corridoi umanitari resta strategico. Per Letta occorre cambiare in fretta l’approccio europeo verso l’Africa. «Le cifre non lasciano dubbi, la popolazione africana è destinata a raddoppiare nei prossimi 30 anni, quella europea a diminuire e invecchiare ancor di più, a fronte di un quadro di cambiamenti climatici che potrebbe penalizzare il Sahel. Lo scenario geopolitico obbliga l’Unione a tentare di governare il fenomeno, altrimenti si rischia davvero un’invasione. Come? Spostando risorse in Africa e investendo per portarvi sviluppo. Le migrazioni – e sono d’accordo con il cardinale Parolin che lo ha ribadito di recente – non si fermerà se la politica europea non opererà per fermare la guerra contrastando traffici d’armi, corruzione e mutamenti del clima».

Anche Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, chiede un alleggerimento per il nostro Paese. «In un tempo di emergenza come l’attuale sarebbe opportuno anche concedere alcune deroghe al Trattato di Dublino». E mentre si sta per chiudere la prima fase dell’operazione dei canali umanitari, condotta dalla Comunità con la Federazione delle chiese evangeliche italiani, con l’arrivo tra estate e autunno degli ultimi profughi siriani dai campi libanesi, lancia un appello. «Di fronte ai numerosissimi sbarchi degli ultimi giorni, chiediamo anche gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come Spagna, Francia e, nelle dovute proporzioni, anche Malta, di consentire almeno qualche approdo sulle loro coste».

Per Impagliazzo il modello dei corridoi umanitari è replicabile nella Ue. «Grazie all’ex presidente Hollande e ai vescovi francesi abbiamo concluso un accordo con Parigi per accogliere 500 profughi». Prossimo passo è il piccolo principato di Andorra, sui Pirenei. Mentre per la Germania, nonostante ci siano alcuni Laender disposti a partecipare, occorrerà attendere l’esito delle prossime elezioni. Ma entro fine anno sarà attivo il primo corridoio umanitario dall'Africa voluto dalla Cei e realizzato insieme a Sant’Egidio. Anche in questo caso saranno scelte 1.000 persone rifugiate in Etiopia dal Corno d’Africa privilegiando i casi più difficili.


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