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Accordo Brexit, filiera auto senza dazi ma con altri rischi

Pe esperti problemi da trasporto parti e su 'regola d'origine'

Redazione ANSA ROMA

Pesca e industria automobilistica sono stati i temi negoziati con maggiore difficoltà prima di arrivare all'accordo commerciale sulla Brexit firmato il 30 dicembre. In particolare, sottolinea il periodico specializzato francese L'Usine Nouvelle, la posta in gioco per la filiera automotive, su entrambe le sponde della Manica, era gigantesca.

''Nessun altro settore è così strettamente integrato come l'industria automobilistica europea - ha ricordato Eric-Mark Huitema direttore generale dell'Associazione Costruttori Europei Automobili (ACEA) - con complesse catene di fornitura che si estendono in tutta la regione''.

I numeri parlano chiaro: il Regno Unito fa affidamento sul Vecchio Continente per il 60% dei componenti necessari alla fabbricazione dei suoi veicoli, che poi esporta per una quota che arriva all'80% nella stessa Unione Europea. In particolare il mercato britannico è strategico per i costruttori francesi, che rappresentano dal 15 al 20% delle sue immatricolazioni, addirittura il 23% per i veicoli commerciali. per anno.

Le Case francesi hanno anche siti di produzione in Gran Bretagna, attraverso la fabbrica Nissan per il Gruppo Renault e quella di Vauxhall (ex Opel) per PSA, a cui si aggiungono i principali produttori di componestica francese come Valeo e Plastic Omnium. Con l'accordo commerciale raggiunto PSA ha tirato un sospiro di sollievo (come le altre aziende del settore) per il risparmio delle tasse che avrebbero dovuto essere applicate in entrambe le direzioni, valutabili secondo Marc Mortureux - direttore generale dell'Automotive Platform (PFA) che rappresenta i produttori francesi, i fornitori di attrezzature e i subappaltatori - in diverse centinaia di milioni di euro.

Da gennaio, fortunatamente, non verranno applicati dazi o tasse d'importazione, e nemmeno quote sugli scambi di merci.

''Ma il commercio sarà ora soggetto a controlli, la cui entità e complessità devono ancora essere valutate - ha detto Huitema - poiché ogni giorno migliaia di TIR attraversano i confini per fornire al Regno Unito componenti automobilistici europei''. C'è poi il problema della 'regola d'origine' che prevede che per esonerare dai dazi doganali un'azienda partner, la percentuale del valore prodotto localmente da un Paese deve essere del 55%.

Questa potrebbe essere una vera sfida per gli inglesi ''i cui tre quarti dei pezzi di ricambio provengono dall'Unione Europea e dalla Turchia - ha spiegato a L'Usine Nouvelle Elvire Fabry, ricercatrice senior responsabile della politica commerciale e della Brexit al Istituto Jacques Delors - Tanto più che non beneficeranno più del 'cumulo dell'origine' tollerato all'interno dell'UE, consentendo a uno Stato membro di accumulare produzioni diverse in diversi Paesi europei. Il rapporto pubblicato da L'Usine Nouvelle fa un esempio: un'auto tedesca prodotta con il 20% di parti provenienti dalla Germania, al 20% in Francia e al 15% in Spagna, raggiunge il 55% previsto del valore locale.

''Ma in funzione del post-accordo sulla Brexit, e considerando la produzione di parti oltre la Manica - spiega la Fabry - un produttore che non rispetti la 'regola dell'origine' potrebbe vedere le sue lauto saranno tassate al 10% e le parti di ricambio al 5%''.

L'industria automobilistica britannica dovrà anche concentrarsi sul ripristino della fiducia degli investitori e delle Case madri. I tre produttori principali in Uk, cioè Toyota, Nissan e Honda - ricorda un rapporto di Forbes - hanno fermato diversi progetti a causa dell'incertezza che regna da tre anni e addirittura nel caso di Honda si è arrivati alla decisione di chiudere la sua fabbrica britannica nel 2021. Il tutto andrà poi valutato, nella sua complessità, sulla base della decisione annunciata dal premier Boris Johnson di privilegiare la mobilità elettrica e di vietare la vendita in quel mercato del veicoli con motore termico dal 2030.

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