Europa Oggi

L’Unione europea si salva solo se ripartiamo dalla solidarietà tra gli Stati

di Thierry Chopin   26 settembre 2022

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La crisi finanziaria aveva messo Nord contro Sud. Ma pandemia e guerra dimostrano che difendere i singoli Paesi significa difendere tutta l’Unione. Ed è una lezione da non dimenticare

Dobbiamo tornare al testo. La dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 offriva un’enorme speranza che, concretizzandosi nell’integrazione europea, ha contribuito alla pace e alla prosperità del continente all’indomani della Seconda guerra mondiale. Cosa ha proposto Robert Schuman? Una “solidarietà di fatto”.

La costruzione dell’Europa è stata innanzitutto un’opera di riscatto dopo il suicidio collettivo delle due guerre mondiali e un atto di sublimazione delle rivalità politiche nazionali attraverso il rifiuto della logica del potere, che ha portato alla stabilizzazione e alla pacificazione del continente. In questo processo di unificazione, l’economia ha svolto un ruolo importante e inizialmente strumentale: nel progetto dei padri fondatori, le “solidarietà di fatto” create dal mercato interno dovevano creare interessi economici comuni scoraggiando l’atteggiamento “ognuno per sé” e rendendo possibile il superamento dei nazionalismi. Sotto l’ombrello della Nato, il discorso europeo avrebbe anche potuto giocare sul ruolo mobilitante della minaccia sovietica e sul “senso della storia”, quello della riunificazione del continente. Un secondo periodo corrisponde all’iniziativa di Jacques Delors, sostenuta da Mitterrand e Kohl: dopo la pace e l’unificazione, l’idea era che la prosperità e la solidarietà dovessero guidare l’adesione degli europei al progetto della Grande Europa.

Il susseguirsi di crisi negli ultimi quindici anni ha mostrato la fragilità dell’integrazione europea, ma anche la sua capacità di resilienza. La solidarietà europea è stata messa a dura prova dalle crisi che hanno colpito gli europei: la crisi del debito sovrano, la crisi migratoria, la crisi sanitaria e ora la crisi energetica. In generale, l’aumento dell’eurodiffidenza in alcuni Paesi negli ultimi anni può essere spiegato al Sud con la percezione di una solidarietà insufficiente di fronte alle crisi: il costo, percepito come sproporzionato, dell’aggiustamento economico e di bilancio richiesto in cambio del sostegno finanziario europeo (Grecia, Portogallo), ma anche l’incapacità dell’Ue di regolare i flussi migratori (Italia). Nei Paesi del centro, del nord e dell’est dell’Ue, invece, è il rifiuto di un’eccessiva solidarietà che ha alimentato l’euroscetticismo di parte della popolazione, insieme ad alcune politiche governative, sia su questioni finanziarie (Germania, Finlandia) sia sulla questione dei rifugiati (gruppo di Visegrad). In alcuni casi, gli stessi Paesi che chiedono solidarietà in un’area la rifiutano in un’altra. Il sovranismo si accompagna anche all’emergere di populismi nazionalisti autoritari e “illiberali” in alcuni Stati (in Ungheria e Polonia, ma anche ad Ovest e a Sud, come in Francia e in Italia).

Più recentemente, la crisi sanitaria del Covid-19 ha inizialmente rivelato il riemergere di un divario Nord-Sud come durante la crisi greca. Tuttavia, la situazione di allora era molto diversa: nel 2010, la crisi aveva evidenziato il fallimento di alcuni Stati membri ed era una crisi asimmetrica; nel 2020 invece, nessuno Stato membro era responsabile di una crisi sanitaria che, in quanto globale, ha colpito tutti (crisi simmetrica). Le contrapposizioni iniziali tra gli Stati e le opinioni pubbliche che chiedevano solidarietà da un lato e quelli che la rifiutavano dall’altro hanno avuto conseguenze molto negative, in particolar modo hanno causato il deterioramento delle relazioni tra i capi di Stato e di governo, che non poteva che produrre risentimento e rancore. Da questo punto di vista, l’evento più importante dell’anno 2020 a livello di Ue è stata l’adozione del piano di rilancio europeo (Next Generation Eu), il cui accordo sul principio dell’indebitamento comune ha implicazioni fondamentali in termini di politica, sovranità e solidarietà. Dal punto di vista dell’Ue, si tratta di un potente simbolo di unione politica e di un forte impegno per il futuro a ripagare insieme in modo solidale. Questa decisione ha posto le basi per la creazione di un Tesoro europeo - la Commissione europea ha iniziato a svolgere questo ruolo - e la possibilità di un’emissione comune di debito sovrano servirà come protezione europea per i debiti nazionali. Tuttavia, la domanda chiave è: questa decisione è temporanea ed eccezionale? Oppure si deciderà di radicare l’impegno preso e rendere permanente un cambiamento di natura così fondamentale?

Oggi, nel contesto della guerra in Ucraina, gli europei stanno affrontando la più grave crisi energetica dalla fine della Seconda guerra mondiale. Questa crisi mette in gioco la capacità degli europei di essere uniti e solidali nel far fronte alle circostanze eccezionali che devono affrontare. Tuttavia, ad oggi, questa unità e solidarietà non sono evidenti e, al contrario, forti tensioni politiche potrebbero minacciare la coesione dell’Unione Europea in un contesto in cui la strategia di Putin consiste nell’utilizzare il gas come arma di ricatto energetico per dividere gli europei. Inoltre, questo rischio di frattura è aumentato dall’esposizione eterogenea degli Stati membri al gas russo. La solidarietà energetica europea e la coesione politica sono necessarie. È essenziale riconoscere che la risposta deve essere europea e che, proteggendo i Paesi che negli ultimi anni hanno commesso gravi errori nella loro strategia energetica, si protegge l’Europa. Il rischio di dislocazione energetica deve essere superato a tutti i costi e noi dobbiamo essere uniti.

Se non si organizza la solidarietà tra gli Stati membri dell’Ue, l’apertura europea cederà inevitabilmente il passo al ripiegamento nazionalista. Tuttavia, questo non può di per sé fornire una soluzione a una crisi che trascende chiaramente le nazioni europee, come nel caso dell’attuale crisi energetica. Non prendere sul serio la richiesta di solidarietà europea equivarrebbe a tornare all’Europa “del passato” e a riprendere il filo di una storia di divisioni politiche che la costruzione europea non ha fatto sparire, ma che è riuscita a circondare di garanzie. Soddisfare questa richiesta di solidarietà è nell’interesse nazionale di tutti gli Stati membri e nell’interesse comune dell’Unione.

Traduzione: Amélie Baasner e Amanda Morelli