31 marzo 2020 - 06:09

Coronavirus, Enrico Letta: «I Paesi che frenano sugli aiuti hanno seri problemi di leadership»

L’ex premier: «In Olanda, Germania e Svezia non hanno visto i cortei di bare. Questa Unione Europea corre un pericolo mortale»

di Monica Guerzoni

Coronavirus, Enrico Letta: «I Paesi che frenano sugli aiuti hanno seri problemi di leadership»
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L’ex premier Enrico Letta è notoriamente un europeista convinto. Ma l’Europa ai tempi del coronavirus, quella che non aiuta l’Italia perché non deve fare i conti con migliaia di morti in casa propria, di certo non è la sua. Sul quotidiano Volkskrant, il direttore di Sciences Po ha sfidato il primo ministro olandese, il «falco» Mark Rutte: «Nessuno sta chiedendo l’elemosina ai Paesi Bassi».

Come si può rompere il muro del disinteresse dei Paesi del Nord?
«È triste dirlo, ma i Paesi che frenano sugli aiuti, come Olanda, Germania e Svezia, sono quelli ancora aperti perché non hanno visto i cortei di bare. Ma ora i nuovi epicentri sono Londra e New York, che non sono né meridionali, né spendaccioni, quindi il dito puntato su Italia e Spagna non ha più senso. I governi del Nord Europa devono imparare la lezione e muoversi per tempo, senza aspettare. Mi preoccupa questa drammatica carenza di leadership».

Ce l’ha anche con Merkel?
«L’ho sempre molto stimata. Ma sì, quello che sta succedendo è tremendamente in linea con la crisi del 2008. Siamo di nuovo lì, al tabù tedesco del deficit, dell’inflazione e della mutualizzazione del debito. Al Whatever it takes di Draghi e alla nascita del Fondo salva-Stati, Angela Merkel ci arrivò con quattro anni di ritardo, un tempo letale».

L’Europa rischia di soccombere?
«Certo, lo ha detto nel suo appello Jacques Delors, con cui lavoro da anni come presidente dell’istituto che porta il suo nome. Se è tornato a parlare ora, è perché il pericolo mortale esiste».

Come spiega questa cecità dei leader europei?
«Il no olandese e tedesco sono dei no alla Salvini, la cui filosofia ha fatto all’Europa un danno culturale. Se al governo di Berlino ci fosse lui, manderebbe al diavolo gli italiani chiamandoli terroni. Se tu imposti la battaglia politica nella logica mortifera del prima gli italiani, che solidarietà puoi chiedere? Rutte e Merkel si sentono autorizzati a dire prima gli olandesi e prima i tedeschi. Ma quando stai sul Titanic non c’è cabina di prima o terza classe, si affonda tutti insieme».

La sua proposta alla Ue?
«Mettere in campo una proposta comune che dia vantaggi a tutti e sia finanziata da tutti, per arrivare a un grande scudo europeo che protegga imprese, lavoratori, famiglie, in linea con la proposta di Sassoli al Corriere».

Bocciati il Mes e i coronabond, il problema è il come.
«La propaganda politica ha trasformato in zombie i due principali strumenti esistenti. Io sono favorevole agli eurobond, che i nordici non vogliono perché pensano di dover pagare il nostro debito. Ma si possono fare senza trasferimento di soldi da loro a noi. Dobbiamo, insieme, costruire uno strumento europeo per battere la crisi. Quanto al Mes, da noi è diventato tabù per colpa di Salvini, Meloni e dei 5 Stelle, alla ricerca di un nemico fantomatico».

Attingendo alla cassaforte del Mes, non finiremmo in mano alla Troika?
«Nessuno vuole il Mes come per la Grecia, quella è una storia finita, piena di ombre. Ma il Mes ha in cassa 410 miliardi e le regole di ingaggio si possono cambiare. Non poterlo nemmeno citare, a causa di una propaganda schizofrenica che ha avvelenato i pozzi, è un assurdo tabù nominalistico».

Lei ha un’idea?
«Un grande Corona deal europeo, sul modello del Green new deal, per rilanciare l’economia e garantire la resilienza di questa fase che sarà lunga. Gestito da tutti i Paesi e finanziato con tutte le risorse disponibili, tra cui una emissione di bond dalla Bei, usando i soldi del Mes senza condizionalità. Se costruisci uno scudo Ue da centinaia di miliardi di euro scateni una potenza di fuoco, esci dalle logiche della Troika ed eviti di aprire la discussione della mutualizzazione del debito».

Che garanzie avremmo di non finire strozzati?
«Con queste regole il rischio non esiste. E poi ci sarebbe Gentiloni in cabina di regia».

Conte ha fatto bene a impuntarsi in Europa?
«Sì, ho apprezzato la sua reazione. La Bce non basta. È la crisi più violenta dal Dopoguerra, nessuno può chiamarsi fuori. Bisogna stringersi a Conte, Fontana, Zaia, a chi ha la responsabilità di governare per il bene di tutti. Ho apprezzato Berlusconi. Quando si è in guerra non c’è maggioranza e opposizione».

Pensa al governissimo, magari con Draghi premier?
«Non vedo il vantaggio di rompere un equilibrio e imbarcarsi in una crisi di governo. Meglio rafforzare il quadro che c’è».

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